Scuola, la rivolta dei medici contro la didattica a distanza: «Siamo di nuovo in trincea e non sappiamo a chi lasciare i nostri figli»

di Francesca Barbieri e Serena Uccello

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Chi ha diritto alla didattica in presenza? Il chiarimento del ministero dell’Istruzione fa esplodere la protesta di medici e operatori sanitari che si affianca a quella dei comitati di genitori, docenti e studenti

«Si chiede al personale sanitario italiano, sfiancato da un anno di emergenza, di farsi carico di nuovo e a tempo indeterminato della gestione dei propri figli in ambito extrascolastico, mantenendo contemporaneamente il proprio ruolo in trincea».
A parlare è Monica Bettonagli, dirigente medico del pronto soccorso alla Fondazione Poliambulanza Brescia, con una lettera inviata al Sole 24 Ore. Le sue parole arrivano da un’area di nuovo martoriata dal Covid, che con la terza ondata sta mettendo in ginocchio gli ospedali.
Agli Spedali civili di Brescia nella giornata di venerdì 5 marzo erano 401 i posti letto occupati: l’8 marzo sono 431 i pazienti ricoverati, di cui 35 in terapia intensiva. «Il tasso di saturazione in terapia intensiva (che nel resto della Lombardia è del 40%) si è assestato da circa 5 giorni ad oltre il 90%, nonostante la regolare apertura di nuovi posti» fa sapere la direzione del Civile.

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La testimonianza
«Scrivo anche a nome di numerosi colleghi, sia dell’ente per cui lavoro che di enti pubblici, con i quali in questi giorni condividiamo l’enorme pressione che deriva dall’aumento dei pazienti Covid richiedenti le nostre cure - spiega Monica Bettonagli - e le difficoltà organizzative derivanti da una serie di decreti, ministeriali e regionali, che di fatto hanno portato alla chiusura della porta aperta dalla nota del ministero dell’Istruzione del 5 novembre 2020. La contraddizione di queste disposizioni è sin troppo evidente soprattutto considerando che in diversi i Paesi europei, la scuola in presenza per i figli degli operatori sanitari non è mai stata interrotta.Si aggiunga che, trovandoci in condizioni di emergenza, non è neppure pensabile di usufruire di congedi parentali che metterebbero in ginocchio il sistema sanitario tutto».

«In questi giorni eravamo riusciti a far tenere aperte le materne e gli asili, ora invece ci crolla tutto addosso - chiarisce Bettonagli -. Non sappiamo davvero a chi lasciare i nostri figli, anche perché chi viene a fare la babysitter nelle nostre case? Non riusciamo proprio a trovarle».
Una professione quella del medico sempre più al femminile: considerando i medici con meno di 65 anni, il 54% è donna. E la percentuale sale rapidamente al calare dell’età: le dottoresse sono il 57% dei medici sotto i 60 anni, il 60% tra gli under 50. Nella fascia d'età dai 40 ai 44 anni, in particolare, quasi 2 medici su 3, e precisamente il 64%, sono donne.

Didattica in presenza: le categorie ammesse
Fino a pochi giorni fa, anche nelle zone rosse, i figli dei professionisti sanitari facevano parte delle categorie esentate dalla didattica a distanza per i propri figli. A stabilirlo, il Piano Scuola 2020-2021. L’obiettivo era quello di dar modo ai genitori di non doversi assentare dal lavoro, essendo la loro professione essenziale in periodo di pandemia.

Il 4 marzo una circolare del ministero dell’Istruzione a presidi e dirigenti scolastici regionali, riprendendo quanto stabilito dal Dpcm del 2 marzo - firmato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi e in vigore dal 6 marzo al 6 aprile - specificava le modalità della didattica a distanza e le sue deroghe. Tra queste, veniva confermata quella per i figli del personale sanitario, «salvo ovviamente diversa disposizione delle ordinanze regionali o diverso avviso delle competenti strutture delle Regioni».

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Il dietrofront del ministero dell’Istruzione
Il 7 marzo arriva il dietrofront: una nuova circolare del ministero dell’Istruzione chiariva che nelle zone rosse (o arancione rafforzato) sono «sospese le attività dei servizi educativi dell'infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attività scolastiche e didattiche delle scuole di ogni ordine e grado si svolgono esclusivamente con modalità a distanza». E che, alla regola, ci sono solo tre eccezioni: l’uso di laboratori, alunni disabili, studenti con bisogni educativi speciali (Bes). Nessuna menzione per i figli dei sanitari. Tanto che alcune Regioni, in primis la Lombardia e il Piemonte, hanno già emanato circolari che li escludono esplicitamente dalla possibilità di usufruire della didattica in presenza.

La richiesta di Fnomceo
E così alle proteste contro la didattica a distanza di comitati di genitori e docenti, a quelle degli studenti da nord a sud, si aggiunge un nuovo fronte che riunisce medici e operatori sanitari.

.«Siamo sconcertati per il susseguirsi di decisioni contrastanti sulla possibilità per i figli dei medici, degli odontoiatri e dei sanitari in genere di poter frequentare la scuola in presenza - dichiara Filippo Anelli, presidente di Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri -: chiediamo ai decisori di ripristinare subito la deroga per i figli dei medici e degli odontoiatri, siano essi dipendenti, convenzionati, liberi professionisti. È un giusto riconoscimento del ruolo che, tutti in egual misura, ricoprono nella gestione della pandemia».

La palla, a questo punto, ripassa al ministero dell’Istruzione che potrebbe cambiare di nuovo le regole del “gioco”.

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